Nel mio post precedente ho parlato del coaching in azienda e di come tale strumento possa essere utilizzato come alleato per lo sviluppo sia individuale - specie a seguito di un processo di Assessment che abbia evidenzato le aree di miglioramento e i punti di forza del personale coinvolto - sia organizzativo, in occasione di cambiamenti fortemente impattanti sul management e/o sui dipendenti (fusioni e acquisizioni societarie, cambi generazionali ecc..): in entrambi i casi, il ricorso al coaching può generare, all'interno dell'organizzazione, un miglioramento tangibile delle performance.
Vediamo ora come sia importante avviare correttamente questo processo di sviluppo e quali "distorsioni" possano invece verificarsi qualora, appunto, tale processo non segua alcune tappe fondamentali. A parte il caso, meno frequente, in cui sia il manager stesso o la risorsa a chiedere il coaching (ciò che accade, di norma, solo nelle organizzazioni più evolute), la situazione tipica è quella in cui sia l'azienda, rappresentata dalla funzione HR o dal capo funzione o dal vertice aziendale, a proporre ai suoi manager/dipendenti un percorso di coaching. In questo caso è molto frequente che la risorsa coinvolta non percepisca l'intervento come qualcosa di vantaggioso per sé o non ne avverta la necessità e difetti, conseguentemente, quella "volontarietà" che rappresenta, assieme alla "trasparenza" e alla "riservatezza", uno dei "pilastri del coaching"; volontarietà senza la quale non potrebbe nemmeno instaurarsi una vera e propria relazione di coaching: mancherebbe, infatti, la chiara, univoca e consapevole...domanda di coaching!
Ciò che dev'essere quindi sempre fatto comprendere all'azienda, da parte del coach, è quanto sia importante, sin dall'inizio, instaurare una relazione tra tutti e tre i soggetti coinvolti, HR/Capo - Coach - coachee, realizzando la cd. "triangolazione". In tale processo a tre, da un lato il committente dev'essere necessariamente convinto delle effettive potenzialità/capacità della risorsa (il coaching non è un mezzo per le situazioni compromesse!); dall'altro, il coachee deve comprendere che l'intervento è principalmente rivolto a suo beneficio e che il coach svolgerà un ruolo "neutro" tra lui e l'azienda. I rapporti tra i 3 soggetti, cioè, si dovranno uniformare ai predetti principi della "trasparenza" - il coach non porta alcun messaggio al di fuori o dentro la relazione di coaching - e della "riservatezza", vale a dire tutto ciò che sarà comunicato tra azienda e coach e tra coach e coachee (tutto, compreso quello che viene detto dal coach!) dovrà rimanere assolutamente riservato.
Per comprendere ancor meglio l'importanza di questa triangolazione, analizziamone ora le singole fasi del percorso di coaching aziendale.
Fase preliminare.-
La prima fase inizia con l'incontro tra il responsabile del progetto di sviluppo o responsabile diretto della risorsa ed il coach. In questo colloquio, l'Azienda chiarisce le motivazioni per le quali è stato scelto il coaching come strumento di sviluppo. Il coach, dal canto suo, illustra la metodologia e il processo e quali le necessarie condizioni affinché si possa realizzare il risultato auspicato. Il rappresentante dell'azienda indica poi le aree e gli obiettivi che si desiderano vengano raggiunti dalla risorsa e il coach aiuta l'interlocutore ad identificare al meglio tali obiettivi, obiettivi che dovranno
essere non valutabili soggettivamente, bensì oggettivi e misurabili (es.: "Tizio dev'essere più performante". Si evidenziano allora le azioni / i risultati che Tizio dovrà compiere/raggiungere per dimostrare il miglioramento delle sue performance).
Tale incontro conduce ad una prima versione dell'accordo di coaching, nella quale si disciplinerà la collaborazione professionale tra il professionista e l'azienda sotto l'aspetto sia organizzativo sia economico.
Successivamente il Responsabile HR o diretto incontra la risorsa. E' una fase molto importante dalla quale deve emergere l'effettiva "coachability" della persona, vale a dire la sua effettiva consapevolezza e volontarietà a lavorare sugli obiettivi concordati con l'azienda, elemento fondamentale affinché il percorso di coaching risulti davvero efficace e proficuo. Ed è in questo incontro che dovrebbe intervenire sempre anche il coach, per poter condividere tutti assieme le aree oggetto dell'intervento di sviluppo ed il suo fine ultimo. Il coach poi illustra al coachee, in tale colloquio, la metodologia del coaching e verifica di persona la "coachability". Avvenuta questa fase introduttiva, l'Azienda lascia soli coach e coachee: fra loro, infatti, devono instaurarsi, necessariamente, confidenza e fiducia e chiarirsi i presupposti fondamentali predetti, cioè i cd. "pilastri del coaching", nonché la principale finalità dell'intervento: il benessere e lo sviluppo della Persona del coachee!
Al termine di questa importante fase, il coachee firma l'accordo di coaching che conterrà gli stessi elementi di quello firmato dall'azienda. Si ribadisce quindi l'importanza di un dialogo aperto tra Azienda e coachee sul presupposto che la prima raggiungerà il risultato voluto solo nel caso in cui la risorsa abbia individuato, all'interno dell'area indicata dall'azienda, anche il suo obiettivo personale di sviluppo.
Fase interlocutoria.-
Molto spesso, nel corporate coaching, viene prevista una fase interlocutoria di verifica con l'azienda. E' importante che anche questa fase venga ben definita nel "patto di coaching", con clausole che sottolineino che l'azienda non entrerà nei contenuti individuali delle sessioni, ma monitorerà soltanto l'andamento del percorso ai fini del raggiungimento degli obiettivi di performance auspicati. Anzi si specificherà, possibilmente, che tali feedback tra coach e azienda siano condivisi
col coachee. Come ho premesso, se le fasi fossero rispettate, i rischi di distorsioni
o effetti negativi sarebbero azzerati. Purtroppo però non sempre, nelle complesse organizzazioni moderne, si riesce a far eseguire al management le fasi illustrate,
con il verificarsi di qualche spiacevole situazione.
Vi è ancora il caso di committenti che cercano di usare il coaching per "sondare" un manager o le sue intenzioni.
In conclusione tale strumento non dev'essere mai utilizzato come mezzo di valutazione o di "indirizzamento" unilaterale dell'attività del coachee: se ne otterrebbe solo "chiusura" da parte di quest'ultimo e mancanza di coordinamento nel corso del processo.
Sono altresì da scoraggiare le aspettative di poter "cambiare" le persone senza il loro reale coinvolgimento, la loro piena consapevolezza e volontarietà. Anzi vi è tutta una serie di ipotesi in cui, mancando queste precondizioni, il coach deve addirittura interrompere il processo di coaching (es. disturbi psicologici, mancanza di coachability ecc..).
Fase conclusiva: come misurare l'efficacia del percorso di coaching.-
Come ho evidenziato precedentemente, gli obiettivi dell'intervento di coaching debbono essere condivisi sin dall'inizio tra azienda e coachee ed essere oggettivi e misurabili. Secondo le linee guida, gli indicatori per verificare il positivo completamento del percorso di coaching devono rimanere all'interno della relazione tra coach e coachee: anzi, è il coachee stesso a valutare se sia stato in grado o meno di conseguire i propri obiettivi individuali posti inizialmente. Tuttavia, come dicevo, le aziende si attendono comunque un ritorno sull'investimento effettuato. Tale valutazione, però, non potrà mai essere fatta in maniera meccanicistica (anche per motivi di privacy), bensì, nel medio-lungo periodo, in base ai comportamenti osservabili, alla qualità delle relazioni instaurate all'interno dell'organizzazione e ai riscontri raccolti dall'ambiente circostante.
Concludendo: il coaching è in grado di esprimere tutte le sue potenzialità e portare comprovati benefici in un quadro che veda, da un lato, il committente completamente edotto sull'argomento e capace di giocare un ruolo attivo e collaborativo; al centro, un coach capace di rimanere super partes e fedele ai propri doveri deontologici; dall'altro lato, un coachee pienamente consapevole e convinto a mettersi in gioco fino in fondo.
Fondamentale dunque un dialogo aperto tra le parti e, soprattutto, una funzione HR che sappia agire da garante dell'integrità dell'intervento.
Se volete promuovere il corporate coaching nella vostra azienda, grande o piccola che sia, scrivete a: segreteria@colombinicoaching.it