Cos'è il career coaching
Molti ne parlano, ma pochi ne hanno fatto realmente ricorso durante la propria vita professionale. Di solito si ricorre a questo professionista quando s’intende cambiare lavoro, ma è ancor più consigliato a chi si appresti ad un cambiamento radicale nel proprio percorso di carriera, quale un passaggio ad altro settore industriale o un ricollocamento dopo un periodo prolungato di fermo lavorativo.
Cosa fa il career coach
In primo luogo il career coach aiuta la persona che si rivolge a lui (coachee) a mettere a fuoco il proprio scopo esistenziale: ci si può infatti ritenere realmente felici e soddisfatti solo qualora il lavoro che svolgiamo corrisponda alle nostre aspirazioni più profonde.
Secondariamente, egli assiste nella ricerca del percorso professionale più idoneo al raggiungimento di tale scopo esistenziale. Egli quindi suggerisce i posti di lavoro più adatti in base ai talenti, alle competenze e alla personalità emersi nel corso delle sessioni, nonché secondo l’ambizione che anima l’individuo e lo stato effettivo del mercato del lavoro. Questi elementi possono essere determinati in base alla discussione generale, ma anche in virtù di test specifici (sulla personalità, sulle competenze).
In ogni caso i migliori coach aiutano a tracciare, in maniera obiettiva, i reali punti di forza e di debolezza della risorsa umana che si affida loro: non giocano sulla facile lusinga o sulle promesse da marinaio.
Inoltre essi coadiuvano il coachee ad individuare gli obiettivi di carriera a lungo termine, collaborano alla creazione di una tabella di marcia utile alla loro realizzazione e, infine, supervisionano l’attività di ricerca del lavoro e la presentazione delle candidature, allenando la persona mediante la simulazione di colloqui di selezione.
Cosa non fa il career coach
Il career coach non dice quale sia il lavoro adatto e non dà le risposte ricercate: piuttosto pone le domande corrette affinché il coachee possa trovare autonomamente le soluzioni più idonee a sviluppare il proprio percorso lavorativo. Né garantisce accelerazioni di carriera o un impiego: solo infatti chi s’impegna fino in fondo, in prima persona e con costanza, è in grado di realizzare i propri obiettivi professionali.
Infine il career coach non scrive curricula vitae né accompagna la persona ai colloqui: egli assiste sì il cliente con professionalità , ma è soltanto a quest’ultimo che spetta la ricerca del proprio lavoro, il processo di selezione e la riuscita del percorso intrapreso.
Se siete tra coloro che pensano di potersi avvantaggiare di un tale tipo di percorso, perché agli inizi di una carriera o in fase di cambiamenti professionali, contattatemi per parlarne senza impegno.
Vi convincerete che chi fa un investimento sul career coaching, spesso ne riceve benefici non solo nel breve ma anche nel lungo periodo. Perché impara a programmare il proprio futuro e a far fronte agli inevitabili cambiamenti lavorativi che l'attuale realtà economico-sociale del nostro Paese comporta.
Per informazioni: segreteria@colombinicoaching.it
giovedì 14 dicembre 2017
domenica 10 dicembre 2017
Gli aspetti positivi riscontrati in un percorso di coaching
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Antonella Colombini
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15:31
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ascolto,
ascolto contestuale,
aspetti positivi del coaching,
empatia,
incoraggiamento,
presenza,
punto di vista neutro,
responsabilità sulle proprie scelte
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Abbiamo visto, nel precedente post, quali siano le motivazioni principali che inducono le persone a rivolgersi ad un coach.
In questo post analizziamo, invece, gli aspetti positivi che sono stati riscontrati da chi ha già effettuato un percorso di coaching; aspetti che sono stati messi in luce da uno studio della International Coach Federation - ICF (l'associazione di coaches più rappresentativa al mondo) nel 2004. Secondo tale studio, gli aspetti ritenuti più significativi dai clienti sono i seguenti:
- Brainstorming con il loro coach
- Avere un punto di vista neutro e indipendente
- L’incoraggiamento ricevuto
- Sentirsi responsabili e padroni della proprie scelte
- Essere ascoltati
Analizziamo questi fattori uno per uno.
Brainstorming è un termine inglese composto dalle parole brain (cervello) e storming (tempesta) e significa letteralmente tempesta di cervelli. Questa espressione sta indicare un processo o metodo attraverso cui possono essere prese delle decisioni,vale a dire mediante il confronto, il dibattito tra le persone coinvolte e fa pensare a qualcosa di "vivace e conflittuale", anche se in realtà non è sempre così.
Riguardo al coaching, tuttavia, questo concetto va circoscritto, in quanto il coach NON decide e non impone nulla al coachee, ma piuttosto lo stimola a tirar fuori ciò che è latente ed emerge magari solo nel linguaggio usato dalla persona o dal suo atteggiamento corporeo e non verbale. Il "non detto" da parte del cliente è "riflesso" dal coach, con domande aperte e riformulazioni del medesimo concetto volte a favorire l'esplorazione del sé riguardo al punto in analisi. Non è mai un conflitto, ma semplicemente un dialogo costruttivo in cui il coach non offre il SUO punto di vista, ma rielabora il pensiero del coachee su un punto non ancora messo a fuoco.
Da qui "il valore" riconosciuto al secondo aspetto: avere il punto di vista neutro del coach. Infatti il coach, nell'ambito di una relazione basata sulla fiducia e riservatezza reciproche, essendo estraneo al vissuto del coachee, non ha pre-giudizi e non deve formulare soluzioni, ma solamente ascoltare, con tutto se stesso, ciò che gli viene raccontato. Pone domande che stimolino la ricerca di soluzioni alternative e non ancora esplorate, rimanendo però neutro, appunto, senza suggerire un risultato che preferisce o ritiene migliore.
In tutto questo processo, poi, il coach è un assoluto supporter del coachee, un suo alleato fedele ed ha il principale compito, al di là dell'obiettivo prefissato dal cliente, di incoraggiarlo, di aiutarlo ad accrescere la fiducia in se stesso, la sua autostima.
E venendo agli ultimi due aspetti, tale atteggiamento collaborativo e fiducioso da parte del coach non può che portare la risorsa umana, in definitiva, a sentirsi maggiormente responsabile e padrona delle proprie scelte e così ad ottenere risultati prima impensabili. Chi non vorrebbe avere qualcuno sempre pronto all'ascolto, non solo con le orecchie, ma soprattutto col cuore? L'ascolto del coach è infatti una ascolto contestuale, cioè un ascolto totale, in cui l'attenzione del coach è tutta rivolta al suo coachee. Lo sguardo è attento, la sua postura protesa verso il coachee, la sua "presenza" tangibile.
Spesso c'è una forte empatia, ma è qualcosa che i coach cercano di controllare, per ottenere appunto quella neutralità necessaria affinché il coachee si senta il più possibile libero ed indipendente nelle sue scelte.
Spero di avervi dato qualche elemento in più per valutare questo metodo di sviluppo personale.
Se desiderate avere maggiori informazioni, scrivetemi a: segreteria@colombinicoaching.it
Sarà un piacere aiutarvi ad individuare le vostre esigenze.
In questo post analizziamo, invece, gli aspetti positivi che sono stati riscontrati da chi ha già effettuato un percorso di coaching; aspetti che sono stati messi in luce da uno studio della International Coach Federation - ICF (l'associazione di coaches più rappresentativa al mondo) nel 2004. Secondo tale studio, gli aspetti ritenuti più significativi dai clienti sono i seguenti:
- Brainstorming con il loro coach
- Avere un punto di vista neutro e indipendente
- L’incoraggiamento ricevuto
- Sentirsi responsabili e padroni della proprie scelte
- Essere ascoltati
Analizziamo questi fattori uno per uno.
Brainstorming è un termine inglese composto dalle parole brain (cervello) e storming (tempesta) e significa letteralmente tempesta di cervelli. Questa espressione sta indicare un processo o metodo attraverso cui possono essere prese delle decisioni,vale a dire mediante il confronto, il dibattito tra le persone coinvolte e fa pensare a qualcosa di "vivace e conflittuale", anche se in realtà non è sempre così.
Riguardo al coaching, tuttavia, questo concetto va circoscritto, in quanto il coach NON decide e non impone nulla al coachee, ma piuttosto lo stimola a tirar fuori ciò che è latente ed emerge magari solo nel linguaggio usato dalla persona o dal suo atteggiamento corporeo e non verbale. Il "non detto" da parte del cliente è "riflesso" dal coach, con domande aperte e riformulazioni del medesimo concetto volte a favorire l'esplorazione del sé riguardo al punto in analisi. Non è mai un conflitto, ma semplicemente un dialogo costruttivo in cui il coach non offre il SUO punto di vista, ma rielabora il pensiero del coachee su un punto non ancora messo a fuoco.
Da qui "il valore" riconosciuto al secondo aspetto: avere il punto di vista neutro del coach. Infatti il coach, nell'ambito di una relazione basata sulla fiducia e riservatezza reciproche, essendo estraneo al vissuto del coachee, non ha pre-giudizi e non deve formulare soluzioni, ma solamente ascoltare, con tutto se stesso, ciò che gli viene raccontato. Pone domande che stimolino la ricerca di soluzioni alternative e non ancora esplorate, rimanendo però neutro, appunto, senza suggerire un risultato che preferisce o ritiene migliore.
In tutto questo processo, poi, il coach è un assoluto supporter del coachee, un suo alleato fedele ed ha il principale compito, al di là dell'obiettivo prefissato dal cliente, di incoraggiarlo, di aiutarlo ad accrescere la fiducia in se stesso, la sua autostima.
E venendo agli ultimi due aspetti, tale atteggiamento collaborativo e fiducioso da parte del coach non può che portare la risorsa umana, in definitiva, a sentirsi maggiormente responsabile e padrona delle proprie scelte e così ad ottenere risultati prima impensabili. Chi non vorrebbe avere qualcuno sempre pronto all'ascolto, non solo con le orecchie, ma soprattutto col cuore? L'ascolto del coach è infatti una ascolto contestuale, cioè un ascolto totale, in cui l'attenzione del coach è tutta rivolta al suo coachee. Lo sguardo è attento, la sua postura protesa verso il coachee, la sua "presenza" tangibile.
Spesso c'è una forte empatia, ma è qualcosa che i coach cercano di controllare, per ottenere appunto quella neutralità necessaria affinché il coachee si senta il più possibile libero ed indipendente nelle sue scelte.
Spero di avervi dato qualche elemento in più per valutare questo metodo di sviluppo personale.
Se desiderate avere maggiori informazioni, scrivetemi a: segreteria@colombinicoaching.it
Sarà un piacere aiutarvi ad individuare le vostre esigenze.
sabato 2 dicembre 2017
I 10 principali motivi per rivolgersi a un coach!
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Antonella Colombini
at
18:10
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colloquio conoscitivo,
motivazioni,
perchè il coaching,
ragione principale
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Molte le ragioni per le quali le persone mi contattano in questi ultimi anni. Ma prima di passare in rassegna le 10 motivazioni top, vediamo di capire, ancor meglio, perché ognuno di noi possa trarre benefici da un percorso di coaching.
Spesso non si comprende l'utilità del coaching perché si ha difficoltà ad individuare quali possano essere gli obiettivi che potremmo avere e che il coaching potrebbe aiutarci a perseguire. Ci si chiede: "Perché mai dovrei rivolgermi ad un coach?" Semplice: perché mi fa stare bene, mi aiuta ad essere migliore! Infatti il coach è come un allenatore sportivo: così come quest'ultimo aiuta un'atleta a vincere le gare e a diventare un campione, il coach ti sostiene per diventare vincente in ogni ambito della tua vita.
Le persone di solito, davanti a questo semplice ragionamento, iniziano a comprendere: "Allora, dato che io vorrei fare questa determinata cosa, il coach può aiutarmi a realizzarla? E mio figlio, che ha tale difficoltà, può superarla tramite il coaching ? E, visto che all’interno della mia azienda c'è quest'ostacolo, potrei riuscire a superarlo con il sostegno di un coach?" E finalmente esse cominciano ad identificare, sempre più facilmente, quali possano essere i propri obiettivi...Poi il coach, una volta iniziata la relazione di coaching, aiuta il cliente, il coachee, a metter meglio a fuoco tali obiettivi, a lavorare sull'auto apprendimento e a sviluppare le proprie capacità e competenze, al fine di ottenere il risultato desiderato. Attraverso la presa di coscienza delle proprie potenzialità, la cura e la scoperta del sé, la maggior autonomia, l'autostima e la sicurezza che si acquisiscono nel percorso di coaching, le persone iniziano a conoscersi meglio e a scoprire quello che fa star bene loro veramente. Ed è esattamente per questa ragione che ognuno di noi dovrebbe beneficiare del sostegno di un coach. Ci può sembrare banale, scontato, ma non lo è: è invece un primo passo importante nel cammino verso la nostra completa auto realizzazione.
Vediamo ora le 10 principali motivazioni per le quali sono stata contattata in questi anni:
1. cambiamenti "forzati" nel lavoro (licenziamento, disoccupazione prolungata, cambiamenti organizzativi aziendali impattanti sul lavoratore, timore di perdere il lavoro, perdita del lavoro in tarda età);
2. insicurezza e mancanza di fiducia in se stessi (derivante da instabilità economica, problemi nelle relazioni affettive e familiari e sul luogo di lavoro, problemi di salute);
3. incapacità a prendere decisioni importanti, in ambito sia privato che lavorativo;
4. Problemi relazionali più specifici nell'ambiente di lavoro.
5. difficoltà a conciliare lavoro e vita privata;
6. necessità di sviluppare la capacità di dire "no" alle persone e alle situazioni che non corrispondono più al proprio vero Io;
7. necessità di maggior chiarezza, di focus per la risoluzione di problematiche di business;
8. difficoltà a conciliare il vero sé e l'immagine professionale o social;
9. incapacità di concentrarsi su ciò che è più importante, sia nella vita personale sia in quella professionale, a causa della routine quotidiana e degli elevati livelli di stress raggiunti;
10. orientamento nella ricerca del primo lavoro o di un nuovo percorso professionale (career coaching).
Se, leggendo questo post, vi rispecchiate in alcuna di queste situazioni, contattatemi per fissare un colloquio individuale. Ci incontreremo, senza impegno, per capire insieme cosa vi stia accadendo e come poter uscire da questo momento complicato.
Il colloquio avviene normalmente di persona e dura all'incirca un'ora. E' possibile, se lo desiderate, utilizzare skype o il telefono.
La durata del percorso varia a seconda dell'obiettivo che decidete di voler raggiungere: da un minimo di 4 ad un massimo di 12 incontri o sessioni.
Offro servizi di life, business e career coaching. Seguitemi e vi racconterò più approfonditamente la mia attvità...
Stay tuned!
segreteria@colombinicoaching.it
domenica 26 novembre 2017
Life o Business coaching?
Posted by
Antonella Colombini
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19:39
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business coaching,
corporate coaching,
differenze tra life e business coaching,
life coaching
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In tempi di stress così elevato, da addebitarsi prevalentemente alla crisi economica ancora in corso, sempre più persone si rivolgono al coaching quale nuova metodologia di sviluppo personale. Molte le ragioni di questo trend: la disoccupazione dilagante, la necessità di migliorare le relazioni compromesse dal vivere moderno, la ricerca di risultati personali e professionali sempre più sfidanti o l'esigenza di conciliare lavoro e vita familiare. C'è chi si rivolge al life coach per ottenere chiarezza e miglioramenti nella vita quotidiana e chi, invece, al business coach, al fine di sviluppare, in ambito lavorativo o imprenditoriale, potenzialità altrimenti latenti e per ottenere maggiori risultati in termini di performance, produttività e profitto.
Ma quale la differenza principale tra le due tipologie?
A ben vedere entrambe le tipologie di coaching sono rivolte a stimolare nell'individuo la fiducia in se stesso, una maggior consapevolezza delle proprie risorse personali, a volte inesplorate, e a potenziare queste ultime. In fin dei conti non esiste una netta separazione, all'interno dell'individuo, tra sfera personale e lavorativa: non c'è coach, in effetti, che non abbia constatato spesso come un problematica in famiglia si rifletta anche sull'attività lavorativa e viceversa.
Il business coach, tuttavia, svolge il suo ruolo con un'attenzione rivolta principalmente al risultato nel più ristretto ambito lavorativo, tenendo altresì ben presenti gli aspetti organizzativi coinvolti.
Il business coaching, infine, sta acquisendo un significato via via più peculiare nelle moderne organizzazioni aziendali, contribuendo così a fornire un nuovo volto alle medie e grandi imprese. Queste ultime, infatti, utilizzando il coaching (in questo caso corporate coaching), dimostrano di voler investire nello sviluppo dei loro dipendenti e di essere consapevoli di ottenere, allo stesso tempo, benefici alla produttività e al clima aziendale.
E voi: di quale tipo di coach avreste bisogno?
segreteria@colombinicoaching.it
Ma quale la differenza principale tra le due tipologie?
A ben vedere entrambe le tipologie di coaching sono rivolte a stimolare nell'individuo la fiducia in se stesso, una maggior consapevolezza delle proprie risorse personali, a volte inesplorate, e a potenziare queste ultime. In fin dei conti non esiste una netta separazione, all'interno dell'individuo, tra sfera personale e lavorativa: non c'è coach, in effetti, che non abbia constatato spesso come un problematica in famiglia si rifletta anche sull'attività lavorativa e viceversa.
Il business coach, tuttavia, svolge il suo ruolo con un'attenzione rivolta principalmente al risultato nel più ristretto ambito lavorativo, tenendo altresì ben presenti gli aspetti organizzativi coinvolti.
Il business coaching, infine, sta acquisendo un significato via via più peculiare nelle moderne organizzazioni aziendali, contribuendo così a fornire un nuovo volto alle medie e grandi imprese. Queste ultime, infatti, utilizzando il coaching (in questo caso corporate coaching), dimostrano di voler investire nello sviluppo dei loro dipendenti e di essere consapevoli di ottenere, allo stesso tempo, benefici alla produttività e al clima aziendale.
E voi: di quale tipo di coach avreste bisogno?
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